La misteriosa malattia cerebrale colpisce le giovani donne americane

Si tratta di una misteriosa malattia scoperta di recente. I primi casi sono stati registrati nel 2007, ma come spiega il dottor Joseph Dalmau, neurologo dell’Università della Pennsylvania, sono ancora in pochi a conoscerne l’esistenza e, molto spesso, viene erroneamente diagnosticata come un disturbo psichiatrico.

Viene definita come Encefalite autoimmune del Recettore Anti-NMDA, una forma acuta di encefalite, potenzialmente letale, causata da un’alterazione del sistema immunitario contro i recettori NMDA del cervello, provocando gonfiori e fortissime infiammazioni.

È annoverata tra le malattie autoimmuni, cioè quelle malattie che danno origine a risposte immuni anomale dirette contro componenti del proprio organismo.

L’elemento distintivo della malattia autoimmune è l’incapacità del sistema immunitario di spegnere i processi diretti contro l’organismo al termine di una fisiologica risposta infiammatoria o di prevenirne lo sviluppo al di fuori di essa. La rara infiammazione cerebrale colpisce soprattutto le giovani donne e nessuno sa perché.

I medici di Philadelphia, dove furono scoperti i primi casi, dicono che i pazienti descrivono la malattia come se avessero il cervello in fiamme. Come scrive Stephanie Stahl nell’articolo per la CBS, i sintomi della malattia cominciano con un cambiamento di personalità.

Giovani donne, che fino poco prima conducevano una vita normale, ad un certo punto sembrano come andare in tilt. Molte di esse vengono trattenute nei letti di ospedale alternando fasi estremamente turbolente, quasi come se fossero possedute, a stati di catatonia.

“Sono diventata paranoica e maniacale. C’era qualcosa in me che non andava. Ricordo che avevo la continua sensazione di essere inseguita dai camion!”, racconta Emily Gavigan, una delle pazienti della Pennsylvania. Quando fu ricoverata in ospedale, Emily era iscritta al secondo anno all’Università di Scranton.

Come lei stessa racconta, ricorda di essere fuori di sé e di non riuscire a controllare i movimenti del braccio. “La stavamo perdendo. Era qualcosa che non riuscivamo a controllare”, ricorda Bill Gavigan, il papà di Emily. In un primo tempo, neanche i medici riuscivano a capire cosa causasse lo strano comportamento di Emily.

Ma grazie ad un test spinale sviluppato dai ricercatori di Penn, finalmente si riuscì a diagnosticare la malattia, riuscendo a trovare il giusto trattamento, una terapia che può durare settimane e, addirittura, mesi. Così i medici scoprono che Emily non è malata di mente.

“Un errore frequente è quello di pensare che il paziente sia affetto da un disturbo psichiatrico primario. Ci sono ancora molti pazienti che hanno ricevuto una diagnosi errata”, spiega il dottor Dalmau.

Ma Emily e i suoi genitori vogliono mettere in guardia gli altri sulla misteriosa malattia. “Ci potrebbero essere molte persone in questo momento bloccate nei reparti psichiatrici e che invece hanno questa malattia e non sono curate correttamente”, ha detto Emily.

La storia di Susannah Cahalan

Il caso più emblematico è probabilmente quello di Susannah Cahalan, una giovane di 24 anni del New Jersey, raccontato da Carole Cadwalladr sul Guardian.

Nel 2009, Susannah aveva appena ottenuto un impiego come reporter sul tabloid cittadino New York Post, era fidanzata con un musicista e aveva appena affittato un appartamento in una delle zone più desiderabili della città.

Ma improvvisamente cominciano le allucinazioni, le convulsioni, i disturbi della personalità, le psicosi e infine la catatonia. “Mentre singhiozzavo, piangendo istericamente, un minuto dopo mi ritrovavo a ridere a crepapelle”, racconta Susannah.

“Avevo dei bizzarri movimenti anormali che non riuscivo a controllare. Mi hanno detto che sbavavo e, quando ero stanca, lasciavo la mia lingua penzoloni su un lato della bocca, come fanno i cani quando hanno caldo”.

Susannah aveva continue allucinazioni ed era convinta che il padre l’avesse rapita. Per circa un mese, i medici hanno brancolato nel buio, non riuscendo a capire cosa non andasse nella giovane donna. I medici spiegarono la malattia ai suoi genitori dicendo che “il suo cervello era in fiamme”!

Il primo neurologo che visitò Susannah non notò nulla di strano nelle scansioni cerebrali. Poi, un secondo neurologo le diagnosticò una sindrome da astinenza da alcool, prescrivendole nuovi farmaci. Ma nessuna delle diagnosi e delle terapie otteneva i risultati sperati.

Infine, uno psichiatra diagnosticò un disturbo bipolare e le prescrisse degli psicofarmaci.

Per un po’ di tempo, Susannah sparì dalla circolazione, finendo ricoverata in un ospedale psichiatrico nel reparto epilessia.

Si deve al dottor Souhel Najjar la scoperta che Susannah non era affetta da nessun disturbo bipolare. Quando il dottor Najjar la incontrò per la prima volta, Susannah era regredita ad uno stadio animalesco, emettendo grugniti e tirando calci e pugni a chiunque le si avvicinasse.

Il dottor Najjar capì, attraverso un test standard di psichiatria, che il disturbo di Susannah era di origine organica: le chiese di disegnare un orologio, ottenendo dalla paziente il disegno di una sola metà, “la prova concreta che il lato destro del suo cervello era infiammato”, racconta Najjar.

Una biopsia confermò l’ipotesi di Najjar, e poco dopo, la famiglia Cahalan scoprì l’esistenza dell’Encefalite autoimmune del Recettore Anti-NMDA, appena scoperta due anni prima. Susannah era il caso numero 217.

Grazie alla biopsia, i medici furono in grado di offrire la giusta terapia, aiutando la giovane reporter ad una lenta ripresa del suo stato normale.

Se non avesse incontrato il dottor Najjar, probabilmente Susannah si sarebbe spenta lentamente nel letto di un reparto psichiatrico.

©Web4Hit | P.i. 02443420225 | Copyright 2024 | Privacy Policy | Cookie Policy