Possibile eruzione del Vesuvio: cosa dobbiamo aspettarci?

Certamente il Vesuvio è riconosciuto come uno dei vulcani più pericolosi al mondo, sia per le sue caratteristiche morfologiche che per l’incomprensibile propensione di milioni di persone che hanno deciso di costruire e comprare casa su una bomba ad orologeria. Ma se il Vesuvio dovesse davvero eruttare, cosa bisogna aspettarsi?

Il primo evento sarà un immenso boato prodotto da un colpo talmente forte da scagliare una colonna di cenere e pietre alta 40 km, tanto da raggiungere la stratosfera.

Poi, i detriti incandescenti cominceranno a cadere a terra, rendendo le acque bollenti e ricoprendo il terreno di uno spesso strato di cenere. I tetti delle case si sbricioleranno sotto la pesante coltre di detriti e le automobili saranno impedite a muoversi.

Ma il peggio ancora deve venire. Molto presto, valanghe di cenere incandescente, pomici e gas precipiteranno lungo i pendii del Vesuvio, polverizzando edifici e seppellendo tutto ciò che incontreranno sul loro cammino. In poche ore, uno degli insediamenti urbani più densamente popolati al mondo diventerà un deserto vulcanico.

Quanto proposto non è la tragica trama di un film catastrofico, ma lo scenario descritto in un articolo comparso su Nature a firma di Katherine Barnes. Sebbene possa sembrare inverosimile, gli amministratori locali stanno rivalutando gli elevati rischi derivanti dai loro ‘cigni neri’, termine usato per descrivere eventi naturali catastrofici improbabili, ma potenzialmente devastanti, soprattutto dopo il tsunami giapponese.

Tra i vari luoghi della Terra, Napoli e la sua provincia si distinguono come particolarmente vulnerabili, con una popolazione di 3 milioni di abitanti che vive all’ombra del Vesuvio.

Dopo l’ultima eruzione del 1944, il vulcano è entrato misteriosamente in una fase di sospensione che ha favorito il forte sviluppo immobiliare sulle sue pendici, illudendo gli abitanti dell’area vesuviana che il gigante si fosse addormentato per sempre. Studi recenti, però, suggeriscono che il Vesuvio potrebbe essere diventato più pericoloso di quanto precedentemente ipotizzato, suscitando un acceso dibattito sul rischio e l’entità delle eruzioni future.

Il gigante non rimarrà addormentato per sempre. Le scansioni hanno rivelato un insolito livello sismico a circa 8-10 km di profondità. Fonti dell’Osservatorio Vesuviano interpretano questo dato come movimenti della camera magmatica che potrebbe produrre esplosioni pliniane su larga scala.

Le avvisaglie di una nuova attività del Vesuvio potrebbero durare da settimane a anni prima dell’eruzione vera e propria, ma potrebbe anche passare pochissimo tempo dagli avvertimenti all’eruzione stessa. Analizzando la geochimica dei frammenti rocciosi delle eruzioni passate, i geologi dell’Osservatorio Vesuviano hanno scoperto che il magma è salito dalla camera magmatica alla superficie molto rapidamente, nel giro di poche ore.

Per molti anni, i ricercatori hanno ritenuto che l’eruzione del Vesuvio più imponente e distruttiva fosse stata quella del 79 d.C., quando le città di Ercolano e Pompei furono completamente cancellate. Ma uno studio condotto nel 2006 da Giuseppe Mastrolorenzo dell’Osservatorio Vesuviano e Michael Sheridan dell’Università di Buffalo ha rivelato uno scoppio molto più massiccio, avvenuto 3800 anni fa, in piena età del bronzo.

Le valanghe di cenere e detriti, chiamati flussi piroclastici, hanno viaggiato per oltre 20 km, ricoprendo tutta l’attuale area urbana della città di Napoli. “I depositi sono arrivati in pieno centro di Napoli, raggiungendo uno spessore di 4 metri”, spiega Sheridan. “Ma anche pochi centimetri sarebbero stati sufficienti a causare la morte di tutti”.

Alla luce di questi dati, i ricercatori dell’Osservatorio hanno esortato le amministrazioni locali a improntare un piano di emergenza ipotizzando il peggiore degli scenari, qualcosa di simile a quanto avvenuto durante l’età del bronzo.

“Una crisi potrebbe cominciare anche oggi”, spiega Mastrolorenzo. “Il guaio è che nessuno sarebbe in grado di dire quanto tempo possa durare, che tipo di eruzione aspettarsi o come l’evento potrebbe evolvere”. Per questo motivo, in caso di avvisaglie che segnalino la ripresa dell’attività vulcanica, i ricercatori raccomandano la completa evacuazione di una zona con almeno un raggio di 20 km intorno al Vesuvio.

Le amministrazioni locali si trovano ad affrontare il difficile compito di decidere come proteggere una così vasta popolazione in caso di terremoti e altri eventi che preannunciano il risveglio del vulcano.

Gli scienziati tengono costantemente sotto controllo il vulcano napoletano attraverso una fitta rete di sensori che monitorano i terremoti, le deformazioni del suolo e cambiamenti nella chimica dei gas.

Il Piano di Emergenza Nazionale per il Vesuvio, elaborato nel 1995, si basa su uno scenario intermedio, simile all’eruzione del 1631, che uccise circa 6 mila persone. Il piano divide l’area intorno al vulcano in tre macro-aree:

  • Zona rossa: la più esposta ai flussi piroclastici, prevede l’evacuazione di 600 mila residenti.
  • Zona gialla: a rischio per la caduta di cenere, l’evacuazione dipende dalla direzione del vento.
  • Zona blu: a rischio di inondazioni e colate di fango.

Tuttavia, alcuni ricercatori criticano il piano, sostenendo che i flussi piroclastici potrebbero minacciare comuni attualmente esclusi dalla zona rossa. Inoltre, la zona gialla andrebbe evacuata prima dell’eruzione.

Secondo alcuni scienziati, non si può puntare solo sul peggior scenario possibile, ma è necessario un approccio razionale per ridurre il rischio.

Al momento, i ricercatori stanno elaborando modelli probabilistici, che sembrano l’unica strada per migliorare il Piano Nazionale. Tuttavia, come afferma Augusto Neri dell’INGV di Pisa, “noi, semplicemente, non abbiamo idea di come funzioni il vulcano”.

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